EGONOMIA – LA CRISI ECONOMICA HA ORIGINE NEL CUORE
GABRIELE E VITTORIO MAGRI’
La lettura di questo libro porta inevitabilmente a una serie di riflessioni, non del tutto scontate. Quel che può apparire un insieme di scritti e pensieri comuni, scaturiti da esperienze non solo lavorative ma anche umane, si rivela in realtà un inaspettato compendio di argomentazioni sociologiche di un certo spessore.
Un libro che, a ben vedere, non parla di economia o politica pur facendone spesso riferimento, ma stimola a pensare all’economia e alla politica sotto un profilo diverso da quello spesso propinato dagli esperti del settore.
È la voce del popolo, quella che parla, la voce che meglio di chiunque conosce gli aspetti e le facce su cui rotea questa medaglia. Soprattutto gli aspetti negativi di un’economia basata sulla soddisfazione di pochi e la rovina di molti, o di una politica illusoriamente intesa al servizio del popolo di cui in realtà si fa scudo, per gratificare il proprio individualismo.
Ed è proprio questa chiave di lettura a spingere i fratelli Magrì nel mondo oscuro e quasi inviolabile dei discorsi economici, a parlare di una scienza diversa da come appare ma che cela, invece, insieme i sintomi e gli effetti dell’attuale crisi sociale. A partire dal titolo: egonomia al posto di economia, desueta scienza degli investimenti e delle finanze. L’egonomia è dunque la massima espressione e rappresentazione dei capricci dell’ego, struttura psichica dell’individuo che funge da mediazione tra l’inconscio e il mondo esterno, che però manifesta solamente gli aspetti negativi quasi patologici. Il cocchiere dell’anima, lo definiscono gli Autori: l’ego ha stravolto la sua natura per convertirsi al servizio del piacere. Un tripudio di istinti di piacere e di morte (eros e thanatos), allo stesso tempo, come si conviene nella teorizzazione del conflitto psicologico secondo al teoria freudiana.
L’analisi del libro si incentra, quindi, in una nuova psicologia egoica secondo gli schemi sociali degli ultimi tempi. Ed è nella lotta dualistica di morte e piacere e nel conflitto tra natura e cultura che si gioca la riflessione degli Autori. All’inizio, infatti, natura e cultura mantengono un rapporto di sostanziale continuità, considerando che la seconda nasce proprio dall’idea umana di governare il proprio mondo secondo regole che non sempre rispettano gli schemi della natura e del globo. Questo distacco provoca, dunque, un controllo che da un sostegno si è trasformato in usurpazione, con tutto quel che questo può comportare.
La causa di questa frattura può rintracciarsi, secondo gli Autori, nel cosiddetto “senso di separazione” traducibile in gergo tecnico con il più noto individualismo o narcisismo. La piaga del XXI secolo, rispetto ai tempi passati, sembra essere quella di una patologia che investe la relazione interpersonale più che i conflitti intrapsichici. Rispetto alle nevrosi, infatti, si assiste a un incremento delle patologie a carico della personalità, il cui disturbo narcisistico non è solo il principale disagio, ma diventa anche uno dei sintomi maggiormente presenti in altri disturbi. Nella loro trattazione, gli Autori, spiegano come il “senso di separazione” (leggasi tendenza narcisistica) abbia rovinosamente condizionato quindi non solo le relazioni interpersonali ma anche quelle che vedono coinvolti gli uomini con lo Stato, e con tutti gli apparati preposti per la cosa pubblica.
La crisi di cui si parla tanto è dunque l’effetto di un tale senso di separazione e si manifesta in una malattia sociale che convoglia forze di potere politico ed economico in un unico calderone, il cui contenuto non è mai condiviso con il popolo. Il problema delle banche, le caste sociali e le differenze interindividuali non facilitano la condivisione auspicabile in senso umano e cristiano.
Ma la crisi contiene in nuce anche aspetti di natura positiva, perché è nel cambiamento e nella dinamicità delle cose che si intravvede la speranza. Un mondo nuovo – forse utopistico – come anche una rinascita dell’uomo e del mondo, secondo una visione tipicamente rinascimentale, conduce alla riscoperta dei valori che contano, delle cose semplici e fatte in casa, dei rapporti ricuciti o creati: insomma dello stare insieme. Ecco allora che la crisi conduce al ritorno della luce, come l’uomo di Platone (mito della caverna, in Repubblica) che possiede il dono di illuminare le genti accecate dal buio della difficoltà e dall’ignoranza. Forse non tutti i mali vengono per nuocere e questo ci aiuta perfino a perdonare gli autori di questo sistema malato e a considerarli come vittime inconsapevoli, come prigionieri – essi stessi – di una unica grande illusione. Cercare di sopraffare la natura e separarsene da essa.
Dr.ssa Francesca Orlando - Psicologa Psicoterapeuta